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Come MotorK aiuta i concessionari nella trasformazione tecnologica

Lo staff di MotorK. (Courtesy MotorK)

Articolo tratto dal numero di marzo 2019 di Forbes Italia. Abbonati

Dal pianeta auto al centro dell’universo digitale e ritorno in una piattaforma di incontro fra i due mondi. È il percorso di Tommaso Carboni, da fine 2018 country manager di MotorK, unica impresa italiana tra le 50 scaleup europee (le startup ad alto potenziale che attraversano una fase di crescita in termini dimensionali) secondo TechTour e prima società digitale italiana ad essere finanziata con 30 milioni dalla Bei, la Banca europea degli investimenti.

“Quando ero in Ford, Marco veniva a raccontarmi il suo progetto e io non lo capivo. Adesso sono pronto”, racconta Carboni, 47 anni, romano e gran tifoso della Roma, ingegnere gestionale, per 15 anni in Ford e poi in Google a Londra per seguire il mercato auto. Marco è Marlia, il founder di MotorK, startup cresciuta molto bene fino a diventare, appunto, scaleup, aiutando le case automobilistiche nella digitalizzazione della loro rete commerciale, cioè le concessionarie. I traslochi di Carboni e famiglia (due bambine di sei e otto anni) fra Roma, Londra e Milano rappresentano, nel loro piccolo, la trasformazione di un’industria matura, quella automobilistica, che perde colpi. E proprio per questo ha bisogno d’innovazione e di una definitiva accettazione delle tecnologie digitali.

Tommaso Carboni, country manager di MotorK. (Courtesy MotorK)

I numeri parlano chiaro. Il 2019 in Italia è cominciato con un ulteriore calo delle immatricolazioni di auto nuove (-7,5% secondo il Ministero dei Trasporti). Cala anche il numero dei venditori, i dealer: -48%, secondo la Federazione dei concessionari auto. La tendenza non è solo nazionale e Carboni la conosce bene, avendo trascorso buona parte della sua vita professionale in questo pianeta. Voleva fare l’ufficiale (e infatti ha frequentato il collegio navale Morosini a Venezia), ma dopo uno stage in Procter&Gamble entra nella società di consulenza Msx di Detroit, che 20 anni fa lavorava quasi esclusivamente per Ford. “Era una sorta di incubatore esterno”, ricorda Carboni che passa quasi subito in Ford, facendo tutta la gavetta: dal postvendita fino alla direzione commerciale, con in mezzo un’importante esperienza a Londra, dove segue il lancio della nuova K. Nel 2013 diventa direttore marketing Italia, incarico che lascia nel 2015 per tornare a Londra, ma a un indirizzo diverso: Google lo chiama nel team globale creato per lavorare con i 30 principali clienti. Tra questi ci sono le case auto. “È stato come innamorarsi di un’altra donna dopo una storia durata molti anni”, dice oggi. “E potevo finalmente vederla non solo due volte l’anno, quando andavamo a visitare la sede di Google”.

Innamorarsi del digitale significa “rimettersi in gioco, ricostruire una seniority nel nuovo mondo”, ammette Carboni, che indossa finalmente i panni di ufficiale, ma di collegamento, tra un grande pianeta della galassia analogica e il centro di comando dell’universo digitale: “Dovevo spiegare a Google come approcciare i C-level delle case auto, amministratori delegati e direttori marketing. E a questi invece dovevo far comprendere i vantaggi e i benefici a livello strategico degli investimenti sul digitale”. Non deve essere stato facile, visto che l’industria dell’auto è tradizionalmente molto chiusa, con una scarsa propensione verso il digitale. Perché adesso MotorK, che è una piccola impresa italiana seppur dinamica e con aspirazioni internazionali? “Dopo gli anni fondamentali in Google ho avuto l’occasione di chiudere il cerchio”, risponde Carboni. “MotorK è una piccola Google nata nel 2010 e mi permette di completare l’incontro fra digitale e auto. E poi io ho un problema…”. Quale? “A quasi 50 anni mi piace ancora lavorare. A Londra non ero nel core business, qui invece posso fare la differenza”.

I desk negli uffici MotorK.

Marco Marlia ha affidato a Tommaso Carboni le chiavi dell’Italia per potersi dedicare allo sviluppo in Europa e non solo, visto che MotorK è già attiva in Francia, Germania, Spagna e Regno Unito. L’azienda, circa 330 persone e un fatturato che raddoppia ogni anno (obiettivo 100 milioni per il 2020), lavora con il 90% delle case auto. L’Italia resta il cuore pulsante, che batte a Milano in quella che era la sede storica della Brionvega. “Noi non vendiamo auto online, ma aiutiamo il consumatore a scegliere l’auto più adatta e lo portiamo in concessionaria”, spiega Carboni. Questo è il lavoro di DriveK. DealerK, invece, è la piattaforma che aiuta i concessionari ad aprire le loro vetrine digitali. E poi c’è l’ultima nata, GarageK, dedicata alla gestione dei servizi post-vendita, le officine. Insomma MotorK è diventato l’acceleratore digitale di tutta la filiera dell’industria auto, dalle grandi case al gommista sotto casa. “Non possiamo fermarci, però. Dobbiamo anticipare le esigenze del mercato e inventare sempre nuovi prodotti”, aggiunge Carboni. “Per farlo servono sviluppatori di altissimo livello”. In fondo MotorK è una software house applicata all’automotive (non solo auto, quindi, ma in futuro anche moto, camion, etc.). E infatti i 30 milioni della Bei arriveranno a fronte di un investimento di 75 milioni in ricerca e sviluppo nei prossimi cinque anni. È il digitale, bellezza. Ha fatto innamorare anche Carboni, che un vizio analogico però l’ha conservato: nel trasloco da Londra s’è portato dietro 605 libri, di carta. “Leggo qualsiasi cosa. Se trovo un autore che mi piace, compro tutti i suoi titoli. Su Amazon”. Ovviamente.

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