Blue Economy e sostenibilità del pianeta: Riccardo Bonadeo, vicepresidente One Ocean Foundation
Responsibility

La Blue economy di Riccardo Bonadeo: lo sviluppo sostenibile che passa dal mare

Blue Economy e sostenibilità del pianeta: Riccardo Bonadeo, vicepresidente One Ocean Foundation
Riccardo Bonadeo

Articolo tratto dal numero di Forbes di gennaio 2020

di Enzo Argante

“Occuparsi della salute degli ecosistemi marini e costieri è fondamentale non solo dal punto di vista ambientale ma anche sociale ed economico. Ma gli oceani sono minacciati: l’appello alle aziende, alle associazioni, alla comunità scientifica e al grande pubblico è trovare nell’amore per il mare e la sua tutela una vocazione condivisa per la sua salvezza”. E dell’amore per il mare, Riccardo Bonadeo è un vero e proprio portabandiera. Commodoro dello Yacht Club Costa Smeralda, è un personaggio mitico del velismo internazionale, con le sue barche Rrose Sélavy che hanno partecipato alle più straordinarie regate del Mediterraneo. Ma può parlare a pieno titolo anche nella nuova
veste di vicepresidente di One Ocean Foundation, presieduta dalla principessa Zahra Aga Khan, nata allo scopo di contribuire alla salvezza degli oceani.

L’appello è forte e chiaro: va bene guardare con il naso all’insù, all’atmosfera, alle temperature e in generale al cambiamento climatico. Ma attenzione, anche il mare è sotto minaccia grave: “Gli oceani sono una fonte di risorse fondamentale per la nostra sopravvivenza e saranno sempre più indispensabili per affrontare molte delle sfide globali dei prossimi decenni, come la sicurezza alimentare, i cambiamenti climatici e la generazione di energia pulita. Per questo proteggere la salute dell’oceano e la vita marina è indispensabile allo sviluppo sostenibile e la blue economy può contribuire a raggiungerlo”.

Chi e cosa minaccia la sopravvivenza degli oceani? Ci sono molte risposte possibili ma la responsabilità – in maniera diretta o indiretta – ricade anche sulle imprese che incidono sensibilmente sulla tenuta degli ecosistemi marini. “L’integrità dei fondali, delle acque e della biodiversità marina è messa a rischio dalla pesca a strascico, dallo sfruttamento delle risorse naturali e dall’inquinamento di agenti contaminanti scaricati o versati accidentalmente nelle acque così come da plastiche e microplastiche”.

Il quadro che ci si presenta è allarmante: qual è il livello di consapevolezza, e quindi di azione possibile per difendere e valorizzare la cosiddetta economia blu? La ricerca Business for Ocean Sustainability, realizzata da One Ocean Foundation in collaborazione con Sda Bocconi, McKinsey & Company e Csic (The spanish national research council), ha coinvolto più di 220 aziende nazionali e internazionali, startup, associazioni e ong di 13 settori industriali, per un fatturato totale di quasi 1.000 miliardi di euro, pari circa al 15% del Pil italiano.

“Lo studio ha preso in esame le relazioni esistenti tra la sostenibilità degli oceani e l’economia da una prospettiva inedita, focalizzata sulla consapevolezza, sulle strategie e sulle pratiche più innovative adottate dalle imprese. Partendo dal presupposto che gli oceani hanno un impatto determinante sulla crescita mondiale: se la blue economy fosse un paese, con i suoi 3mila miliardi di dollari, sarebbe la settima economia più grande al mondo”. E se questo modello è fondamentale per la salvezza del pianeta, l’Italia e il Mediterraneo sono la prima, più importante, angolatura di visuale. Per questo la prima fase della ricerca si concentra sulla culla della civiltà mondiale che genera 386 miliardi di euro e poco meno di 5 milioni di posti di lavoro. “La ricerca sostiene che il 45% delle imprese è consapevole delle pressioni esercitate sugli ecosistemi marini ma non sempre agisce per limitarli. Il nostro obiettivo è alimentare ulteriormente questa consapevolezza sensibilizzando leader internazionali, istituzioni, aziende e il grande pubblico alla cultura della sostenibilità. Vogliamo accrescere questa consapevolezza e creare relazioni costruttive tra tutti gli stakeholder di diverse fasce di età impegnati a più livelli nella conservazione marina. Per questo abbiamo concepito la Charta Smeralda: un documento che guida individui e organizzazioni verso  comportamenti più rispettosi dell’ambiente”.

C’è una formidabile squadra pronta all’azione, una nuova generazione di manager al timone di aziende con motivazioni etiche e strategiche: i sustainability leader – circa un terzo del campione in esame – sono presenti nella maggior parte dei settori, sia quelli legati all’oceano (trasporto marittimo, attività portuali, cantieristica navale), sia quelli non legati (energia, utility, tessile e abbigliamento, prodotti chimici, alimentari e bevande). Con la tecnologia che definisce percorsi innovativi sempre più determinanti. E non dimentichiamo che l’Italia è in prima linea e pesa 37% sull’economia legata al Mediterraneo. Una grande opportunità per il nostro paese. Da One Ocean Foundation, è partito un segnale importante.

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