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Il lavoro agile richiede un nuovo stile di leadership

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(GettyImages)

di Aura Tiralongo, content manager Sherpany

Nessuno si sarebbe mai augurato di dover prendere atto di un cambiamento epocale delle prassi aziendali in circostanze così aspre. Ma in queste settimane di emergenza sanitaria sembra aver trovato conferma una prospettiva a lungo ventilata da addetti ai lavori e centri di ricerca specializzati: il “lavoro agile” si configura in misura sempre crescente come un punto di svolta nella cultura delle imprese e dei processi organizzativi. Importanti centri di ricerca internazionale e testate specializzate prevedono – ed auspicano – da tempo una “svolta agile” dei processi aziendali, in grado di spalancare orizzonti positivi e di garantire benefici win-win a tutti i livelli dell’organizzazione di impresa. L’Italia, dal canto suo, ha per anni mostrato serie resistenze di impostazione e di “mindset” (mentalità), nonostante la marea montante dei dati a supporto di modelli aziendali alternativi, meno gerarchici, più orizzontali. E più disposti ad abbandonare tradizionali forme di controllo delle persone e della loro “presenza” sul posto di lavoro. Una ricerca dell’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano ribadiva già nel 2018 i vantaggi economico-sociali dei modelli di lavoro agile: incremento di produttività del lavoratore (+15%), riduzione del tasso di assenteismo (-20%), miglioramento dell’equilibrio fra lavoro e vita privata (+80%). Alla fine dell’ottobre 2019 lo stesso Osservatorio aveva calcolato circa 510-520 mila lavoratori in smart working. Ma nelle ultime tre settimane la cifra è aumentata di 4-5 volte: è ragionevole pensare che solo nel nord Italia più di 2 milioni di lavoratori stiano lavorando secondo i crismi dell’agilità. O almeno secondo alcune delle sue regole.

In effetti, il lavoro agile non si limita, come spesso si tende a pensare, al lavoro da remoto. Né dovrebbe essere considerato come una letterale traduzione della più diffusa dicitura “smart working”, come sostenuto dall’Accademia della Crusca. Il modello agile è piuttosto un approccio organizzativo esteso e variegato, che contrappone una cultura tradizionale piramidale, con flussi top-down delle informazioni, a un modello che privilegia la connessione, rivalutando fiducia, reciprocità e autonomia dei partecipanti. Partecipazione e coinvolgimento diventano parole chiave. Il controllo dei risultati e dell’efficienza dei processi è preferito al controllo delle persone, offrendo loro maggiore libertà nella gestione degli spazi e di tempi di lavoro. Il mantra del modello agile è non a caso “la persona al centro”. Il che significa, in primo luogo, ribadire l’importanza di una delle più importanti dimensioni della vita di un individuo: il tempo. Una dimensione a lungo trascurata, che mai come in questi giorni ci sta ricordando il suo significato cruciale. Questo vale per i lavoratori. Per i manager. E per tutti i soggetti coinvolti nell’organizzazione aziendale.

Il ripensamento in ottica agile del rapporto fra persona e tempo parte da una radicale revisione dell’efficienza e della razionalità dei processi: anche di quelli più routinari e apparentemente scontati. Ne deriva un nuovo stile di leadership (leadership agile), che riconosce il ruolo cardinale di tattiche e strumenti rivolti al risparmio di tempo. Con comprovati effetti positivi sulla produttività, sulla creatività e sulla partecipazione ai processi da parte di tutti i partecipanti.

Un caso emblematico è quello delle riunioni aziendali, tema caldo di un acceso dibattito internazionale, che identifica nella “meeting madness”, o “riunionite”, uno dei maggiori motivi di frustrazione di dipendenti e manager aziendali. Troppe riunioni, troppo lunghe: circa il 50% dell’impegno individuale dei vertici aziendali è dedicato ai meeting. Ma secondo i dati un terzo del tempo speso in riunione è considerato demotivante e caotico: non si segue un chiaro ordine del giorno, si va fuori tema, si perde il filo, si tarda a iniziare e a concludere l’incontro, si seguono processi improvvisati e in ultima analisi inefficienti. Mentre i meeting dovrebbero essere un mezzo essenziale per il successo di ogni leader, e quindi acceleratori di valore, il costo delle riunioni improduttive – solo in Europa – è di 32 miliardi l’anno. Un’enormità.

Il modello agile considera invece il “time management” come chiave di efficienza ed efficacia.  Si tratta di una filosofia del valore del tempo basata sull’ottimizzazione dei processi aziendali, meeting in testa. Perché questo possa avvenire è necessario prendere atto del potenziale positivo delle tecnologie digitali, e rivolgersi a software dedicati al Meeting Management anche e soprattutto per quanto riguarda le riunioni dei consigli di amministrazione e di leadership. La sinergia fra strumento digitale e ottimizzazione del tempo è il cuore battente del modello agile, per restituire efficienza ai processi prima, durante e dopo gli incontri. Abbattendo fra l’altro il consumo di carta grazie all’uso di documenti e verbali in formato digitale ed entrando in sintonia con le sempre più pressanti priorità ambientali. La CFO di Sherpany Tania Thiebach sottolinea in un’intervista come time management e agilità costituiscano la chiave di un’efficacia aziendale d’avanguardia, grazie a specifiche tattiche salvatempo. Le attività del leader agile devono essere organizzate secondo liste di obiettivi, stabilendo priorità e pianificando slot di tempo dedicati a ciascun punto all’ordine del giorno. La pianificazione agile valorizza le strategie di feedback, la condivisione delle informazioni e quindi la partecipazione di ogni componente del team. Diventa possibile offrire riscontri o chiarimenti immediati su documenti condivisi, evitando di rimandare azioni a un secondo momento e abbattendo il rischio di dimenticanze, sovrapposizioni, sospensioni e affollamenti di temi da affrontare in sede di incontro. Le tecnologie digitali permettono inoltre di gestire i processi sia on line che off line e da qualsiasi device, moltiplicando le chance di utilizzare tempi morti e attese per piccoli compiti.

In questo senso, l’attuale momento critico potrebbe configurarsi come un vero e proprio test di fattibilità, e cambiare radicalmente – anche in Italia – i paradigmi di riferimento delle organizzazioni aziendali. Uno scenario in evoluzione, in cui il leader è al contempo veicolo e beneficiario del cambiamento in atto.

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