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Vuoi guadagnare di più? Dedicati al job hopping

Lavorare tanti anni nello stesso ufficio, grazie all’ambitissimo posto fisso, rappresenta per molte persone un punto fermo. Una vera e propria ancora di salvezza contro la precarietà e la paura del futuro. Eppure, a lungo andare, questa certezza può trasformarsi in apatia. Rischiando di far perdere ai dipendenti le giuste motivazioni per andare avanti e produrre sempre di più. Ecco perché, negli Stati Uniti ma anche nel nostro Paese, si sta diffondendo un nuovo paradigma. Nel quale l’ambizione non porta necessariamente a desiderare un’occupazione a tempo indeterminato che duri fino alla pensione, ma porta al contrario inseguire a incarichi di breve periodo, che lascino spazio a nuove sfide.

In America lo hanno definito “job hopping”. E’ la tendenza a cambiare lavoro mediamente ogni due anni con l’obiettivo di negoziare stipendi sempre più alti, ma anche di ridurre lo stress, aumentare la felicità e moltiplicare gli stimoli. Secondo uno studio recentemente condotto dall’agenzia californiana Robert Half, oltreoceano sarebbe rappresentato da job hoppers il 64 per cento dei lavoratori, il 22 per cento in più rispetto a soli quattro anni fa. Sono soprattutto i giovani a saltare da un ufficio all’altro, spinti anche dalla comodità di inviare il proprio curriculum online o utilizzando LinkedIn. Insomma, il tempo della fedeltà all’azienda sembra non essere più l’unico valore da considerare, perché oggi la flessibilità è molto apprezzata anche dai responsabili delle risorse umane. Anche in Italia.

Nel nostro Paese cambiare spesso occupazione è indubbiamente più complicato rispetto agli Usa. Eppure cresce il numero di giovani disposti a rimettersi in discussione. “Negli ultimi anni è cambiata la prospettiva anche in Italia e in Europa: aumentano le persone che scelgono di rimanere nella stessa azienda per brevi periodi – conferma la master coach Marina Osnaghi -. Non si pensa più alla carriera come a un percorso lineare, che va dalla cosiddetta gavetta all’esperienza, ma si cambia frequentemente alla ricerca di benefit più vantaggiosi. Come evidenziano gli studi di Kenneth, Brousseau e Driver, ognuno di noi costruisce il proprio percorso di lavoro privilegiando asset diversi con un forte impatto sulle scelte di carriera: c’è chi dà più importanza ad aspetti economici, chi valoriali e chi di relazione. I ricercatori sono arrivati a isolare quattro profili principali di carriera che hanno un impatto anche sul nostro comportamento quotidiano”. Questa tendenza è più forte fra i giovani, meno legati al sogno del posto fisso e forse più abituati alla flessibilità che oggi caratterizza la maggior parte delle carriere.

Secondo l’ultimo report annuale di LinkedIn, negli Stati Uniti i millennial cambiano quasi 2,85 posti di lavoro nei primi cinque anni dalla laurea, contro una media di 1,6 della generazione precedente. A spingerli a farlo sarebbero, tra le altre cose, motivi economici: chi cambia spesso guadagna di più. Secondo una ricerca condotta dall’agenzia americana Adp, l’aumento del salario può raggiungere quota 11 per cento ogni volta che si sceglie una nuova compagnia. Ma questo fenomeno sta crescendo anche per un’altra ragione: oggi cercare lavoro è più facile perché basta un click per inviare il curriculum in qualsiasi parte del mondo. Tuttavia, non è solo il denaro a guidare le scelte di chi fa job hopping, ma soprattutto la ricerca di un maggior equilibrio. Cambiare lavoro e interrompere la routine con una certa frequenza permette infatti di essere più soddisfatti e avere più successo. In altre parole, di essere più felici.

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